VIA CRUCIS DI CARLO MARIA MARTINI

INNER_SPACES PRIMAVERA 2023 - ECHI DI SPERANZA

via crucis pulpito

Lunedì 27 Marzo
h.20.45 Chiesa di San Fedele

Dolore di Dio, storia dell’uomo
Drammatizzazione musicale

Musiche di
J.S. Bach
Franz Liszt

Il canto di Orfeo
Enrico Casazza, violino I
Gianandrea Guerra, violino II
Jamiang Santi, viola
Antonio Papetti, violoncello
Davide Nava, violone
Marco Brolli e Anna Venutti, flauti traversi

Francesca Cassinari, soprano
Maria Chiara Gallo, contralto
Massimo Altieri, tenore
Renato Dolcini, basso

Gianluca Capuano, direttore

Francesco Zago, chitarra elettrica

Lettori: Adele Pellegatta, Fabio Pizzul

in collaborazione con la Fondazione Carlo Maria Martini e il supporto di Fondazione Cariplo

INGRESSO LIBERO

SINTESI
Al cuore della stagione primaverile di San Fedele, dal titolo “echi di speranza”, una drammatizzazione musicale della Via Crucis con testi del Cardinal Martini scritti per il Centro San Fedele nel 2010. Arie solistiche e corali tratti dalle Passioni di J.S. Bach si alterneranno con brani di Liszt, tra strumenti antichi, quartetto vocale di solisti, voci recitanti, chitarra elettrica e transizioni di musica elettronica. Una sintesi musicale per rappresentare il mistero della morte e risurrezione di Gesù, centro e fonte della speranza cristiana. Due tradizioni spirituali a confronto in una prospettiva di sintesi, quella pietista luterana e quella cattolica. Musicisti e lettori saranno disposti lungo la parete sinistra della chiesa a navata unica. I solisti si recheranno nel pulpito ligneo seicentesco per cantare le arie di Bach, luogo architettonico centrale che esalta la chiarezza acustica e predispone la piena visibilità da ogni punto della chiesa.

La drammatizzazione è stata commissionata dalla Fondazione Culturale Carlo Maria Martini che sostiene da diversi anni progetti di creazione musicale ispirati da tematiche bibliche.


APPROFONDIMENTI
Momento centrale delle attività musicali di San Fedele nel tempo liturgico della Quaresima. Una proposta meditativa attraverso la musica, della Passione di Cristo, con i testi del Cardinal Carlo Maria Martini, appositamente scritti nel 2010 per rappresentazioni musicali della Via Crucis. In questa nuova drammatizzazione, dopo la prima che era stata presentata nell’Auditorium San Fedele nel 2011, il materiale sonoro proviene dalle composizioni più emblematiche che hanno tematizzato i misteri dolorosi di Gesù: alcune arie per voci soliste tratti dalle Passioni di J.S. Bach e una rielaborazione parziale della Via Crucis di Franz Liszt.

Da una parte, il canto d’Orfeo diretto da Gianluca Capuano, un ensemble di musica antica con basso continuo e quartetto vocale per intonare corali e arie del maestro di Lipsia, dall’altra, il suono epurato della chitarra elettrica di Francesco Zago, corredata da una serie di dispositivi elettronici per gli effetti, per ricolorare le tinte e i timbri dell’opera lisztiana in una nuova veste espressiva, inizialmente prevista per pianoforte, ma senza rinunciare all’originaria motivazione devozionale del compositore ungherese.

Le meditazioni del cardinal Carlo Maria Martini non seguono l’ordine tradizionale della Via Crucis, ma presentano una successione biblica, alla stregua di un uso già attestato nel XVIII sec. e poi ripreso da papa Giovanni Paolo II nel 1991 al Colosseo. Colpisce il carattere sobrio e comunicativo del testo, capace di esprimere in maniera personale – al mondo del salmista – la voce del credente e il suo canto di speranza davanti al mistero del dolore dell’abbandono di Dio. Il tono e il contenuto dei commenti di Martini fanno da contrappunto ai brani evangelici come corde di risonanza che vibrano attorno al suono fondamentale.

Lo svolgimento della drammatizzazione, di novanta minuti circa, prevede un’introduzione strumentale alla chitarra elettrica con le note dell’antico inno alla croce, il Vexilla regis di Venanzio Fortunato (VI sec.), posto da Liszt come portale d’ingresso alla sua Via Crucis.

Seguono una decina di stazioni con un andamento quasi sempre identico dall’una all’altra. Ogni stazione è composta dalla lettura del Vangelo, un corale di Bach (a volte continuato da brevi accenni all’opera lisztiana), la lettura della meditazione di Carlo Maria Martini e un’aria tratta dalle Passioni di Bach. Le stazioni VII, VIII e IX, sono raggruppate in un ampio intermezzo strumentale che rielabora alcune parti della Via Crucis di Liszt. Momento di respiro senza parole, pausa che consente all’ascoltatore di riportare alla memoria le prime scene della Passione con l’aiuto di immagini musicali. Dalla decima stazione riprende il percorso che alterna testi e musica. La conclusione della drammatizzazione è affidata alla chitarra elettrica con la trascrizione di un brano organistico di Liszt: Recordare pie Jesu, cui segue il saluto alla croce Ave crux, dello stesso autore per quartetto vocale e harmonium.


DUE TRADIZIONI A CONFRONTO
Le arie e i corali di J.S. Bach sono tratte dalle Passioni secondo Matteo e secondo Giovanni e corrispondono ai testi evangelici associati alle diverse stazioni della Via Crucis. Si crea così un ricco percorso che mette a confronto il pietismo luterano di Bach, mutuato da Johann Arndt (1555-1622) e Rostock Heinrich Müller (1631-1675), e la spiritualità di tradizione cattolica di cui sono impregnate le meditazioni di Carlo Maria Martini. Una doppia lettura contemplativa della Passione di Cristo. Da una parte, quella inserita nella nuova devozione pietista che rilegge il luteranesimo insistendo sull’esperienza personale dei fedeli attraverso una riforma di vita nel quotidiano. Ogni giorno il cristiano legge la Parola di Dio e la canta sia nel tempio, con l’assemblea, che a casa, in modo personale, affinché la comprensione della Scrittura lo conduca a una conoscenza, a un sentimento intimo e a una nascita di Dio in lui, secondo la terminologia cara al pietismo. Il ruolo della musica su testi sacri per Bach è quello del “raccoglimento”, come egli stesso lo ha appreso dal suo maestro spirituale, Heinrich Müller: “Il raccoglimento è il vero nocciolo della preghiera e dei canti di lode, senza i quali in nulla sono graditi al Signore Dio. Per questo non basta che la bocca canti un cantico sacro senza che il cuore si raccolga. Quindi il cuore è richiesto in primo luogo”.

Dall’altra parte, le meditazioni del Cardinal Martini suggellano l’esperienza spirituale del pastore che parla alla prima persona plurale perché è unito alla comunità di credenti e vive con la sua comunità il mistero della Passione di Cristo, indirizzando a Dio, a nome di tutti, l’intercessione della Chiesa, inserendosi, in questa operazione, nell’alveo della grande tradizione cattolica.

La Via Crucis è un’opera fondamentale dell’ultima produzione di Franz Liszt, scritta quattordici anni dopo aver ricevuto la tonsura e gli ordini minori a Roma. Stupisce la sobrietà e il carattere scarno di quest’opera, colma di momenti di silenzio, ridotta all’essenziale di una linea melodica, talvolta punteggiata da qualche accordo o dalla forma corale. Ma una costante tensione espressiva, resa viva dalla moderna scienza armonica di Liszt, fa da contraltare all’apparente semplicità compositiva. Originale è il ruolo del pianoforte o dell’organo in questa Via Crucis, lo strumento a tastiera infatti funge da sostituto della voce narrante, disegnando, attraverso cellule tematiche e frasi accennate, alcuni personaggi fondamentali del racconto evangelico della Passione.

Nella lunga prefazione alla partitura l’autore scrive fra l’altro: “ebbi modo di vivere la più solenne celebrazione di questa devozione, partecipandovi un Venerdì Santo al Colosseo, questo luogo il cui terreno è imbevuto del sangue di tanti martiri.” I testi delle parti cantate (originariamente in francese, nella versione definitiva in latino e tedesco) erano stati scelti da Liszt e da Sayn Wittgenstein e comprendono brani del Nuovo Testamento, inni gregoriani e corali luterani (con qualche tema della Passione secondo San Matteo di J.S. Bach) elementi che attestano una direzione musicale ecumenica. Completata nel 1879, la Via Crucis fu creata solamente dopo la morte di Liszt, nel 1929. L’opera si compone di un inno e 14 stazioni, in essa domina una profonda austerità e interiorità. I canti sono sia a cappella sia accompagnati con semplicità all’organo. Esiste una versione per pianoforte solista.