Luciano Berio (I)
25/09/2023
O King, 1968
21/03/2012
Leggere James Joyce con l’orecchio
Thema (Omaggio a Joyce), 1958
Luciano Berio è nato ad Oneglia, in Liguria, il 24 ottobre del 1925 da una famiglia di solida tradizione musicale. Inizia gli studi musicali col padre Ernesto e con il nonno Adolfo, entrambi compositori. Nel 1945 si trasferisce a Milano, dove studia presso il Conservatorio «Giuseppe Verdi» composizione con Giulio Cesare Paribeni e Giorgio Federico Ghedini, e direzione d’orchestra con Carlo Maria Giulini e Antonino Votto. Nel 1952 segue i corsi di Luigi Dallapiccola a Tanglewood, negli Stati Uniti. Fin dai primi anni Cinquanta Berio si afferma come una voce autorevole tra i giovani dell’avanguardia musicale. A questo periodo risalgono Cinque Variazioni (1952-53), Chamber Music (1953), Nones (1954), Serenata (1957). Nel 1954 frequenta per la prima volta i Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt. Nel dicembre dello stesso anno, insieme a Bruno Maderna, costituisce inoltre presso la RAI di Milano il primo studio di musica elettronica italiana, inaugurato l’anno successivo con il nome di Studio di Fonologia Musicale. È in questa sede che ha modo di sperimentare nuove interazioni tra strumenti acustici e suoni prodotti elettronicamente (Momenti, 1957; Différences, 1958-59) ed esplorare soluzioni inedite nel rapporto suono-parola (Thema. Omaggio a Joyce, 1958; Visage, 1961). Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta l’interesse di Berio si focalizza ulteriormente sulla ricerca di nuove e complesse combinazioni timbriche (Tempi concertati per 4 solisti e 4 orchestre, 1959; Sincronie per quartetto d’archi, 1964). La ricerca sulle risorse espressive della vocalità femminile – sollecitata dalla voce di Cathy Berberian – procede con Epifanie (1959-60, poi confluito in Epiphanies del 1991-92), Circles (1960) e Sequenza III per voce (1965). La concezione drammaturgica implicita in queste opere vocali si precisa e affina nei primi lavori realizzati per il teatro, quali Allez-Hop (1959, da Calvino), Passaggio (1962) e Laborintus II (1965), entrambi su testo di Sanguineti.
L’indagine sulle potenzialità idiomatiche dei singoli strumenti dà avvio nel 1958, con Sequenza I per flauto, alla serie delle 14 Sequenze per strumenti solisti (l’ultima, del 2002-03, è per violoncello). L’insieme di questi brani solistici e dei relativi Chemins – elaborazioni per insieme strumentale di alcune Sequenze – evidenzia il peculiare carattere di “work in progress” del comporre di Luciano Berio, inteso potenzialmente come un incessante processo di commento e di elaborazione che prosegue e prolifera da un pezzo all’altro. Nell’ambito delle compagini per grande orchestra il compositore esplora nuove disposizioni spaziali (già sperimentate negli anni Cinquanta in Allelujah I e II) e nuove formazioni strumentali: Eindrücke (1973-74), Bewegung (1971/83), Formazioni (1985-87), Continuo (1989-91), Ekphrasis (Continuo II, 1996). Il rapporto dialettico tra strumento solista e orchestra è al centro di lavori quali Concerto per due pianoforti (1973); “Points on the curve to find…” per pianoforte e orchestra da camera (1974), confluito in Concerto II (Echoing curves) per pianoforte e due gruppi strumentali (1988-89); Voci (Folk songs II) per viola e due gruppi strumentali (1984), Alternatim per clarinetto, viola e orchestra (1994). Oltre al Concerto, Berio rilegge altri generi storici quale il quartetto d’archi (Quartetto, 1956; Sincronie, 1964; Notturno, 1993; Glosse, 1997) e uno strumento carico di connotazioni tradizionali come il pianoforte, indagato con criteri sonori, formali ed espressivi inediti in una serie di lavori che dalla Sequenza IV (1966) portano all’acme della Sonata (2000).
La ricerca musicale di Berio si caratterizza per l’equilibrio raggiunto tra una forte consapevolezza della tradizione ed una propensione alla sperimentazione di nuove forme della comunicazione musicale. Nelle sue varie fasi creative il compositore ha sempre cercato di mettere in relazione la musica con vari campi del sapere umanistico: la poesia, il teatro, la linguistica, l’antropologia, l’architettura. L’interesse per le diverse espressioni della musicalità umana ha condotto a una rivisitazione costante di diversi repertori di tradizione orale (Folk songs, 1964; Questo vuol dire che…, 1968; Cries of London, 1974-76; Voci, 1984). Il grande patrimonio della musica occidentale è esplorato nelle rivisitazioni di Monteverdi (Il Combattimento di Tancredi e Clorinda), Bach (Contrapunctus XIX), Boccherini (Ritirata notturna di Madrid), Mozart (Vor, während, nach Zaide), Schubert (Rendering), Brahms (Op. 120 N. 1), Mahler (i due cicli di Frühe Lieder), Puccini (il Finale di Turandot), e altri ancora. L’ideale di far convivere le diverse dimensioni e tradizioni delle nostre civiltà si manifesta inoltre in lavori quali Sinfonia (1968), Coro (1975-76), e Ofanìm (1988-92), lavoro quest’ultimo che prepara il terreno ai suoi due ultimi lavori teatrali.
Proprio il teatro musicale costituisce un nodo fondamentale della ricerca e della poetica di Berio. Dopo i primi lavori scenici degli anni ’50 e ’60 (Allez-Hop, Passaggio), egli approda nel decennio successivo alla sua prima azione musicale in più atti su testi propri: Opera (1969-70/1977). Seguono La vera storia (1977-79) su testo di Calvino; Un re in ascolto (1979-83) su testi di Calvino, Gotter, Auden e Berio; Outis (1992-96) su testi di Dario Del Corno; e Cronaca del Luogo (1997-99) su testo di Talia Pecker Berio. Menzione a sé merita A-ronne (1974-75), documentario radiofonico per 5 attori (elaborato nel 1975 per 8 voci) su testo di Sanguineti, punto di approdo delle sperimentazioni radiofoniche condotte da Berio fin dagli anni Cinquanta.
Luciano Berio si è spento a Roma il 27 maggio del 2003. Nella sua ultima opera, Stanze (2003, per baritono, tre cori maschili e orchestra, su testi di Celan, Caproni, Sanguineti, Brendel e Pagis) l’autore dà voce a un’ultima intima sintesi della propria poetica.
L’impegno di Berio per la musica si è esteso anche ad altre attività quali la direzione d’orchestra, la concezione di stagioni concertistiche e la promozione della musica contemporanea («Incontri Musicali», rivista e cicli di concerti inaugurati nel 1956). Ha insegnato presso prestigiose istituzioni musicali e accademiche in Europa e negli USA (Darmstadt, Dartington, Tanglewood, Mills College, Juilliard School, Harvard University). Nel 1993-94 ha tenuto presso la Harvard University le Charles Elliot Norton Lectures. Dal 1974 al 1980 ha diretto il dipartimento elettroacustico dell’IRCAM di Parigi e nel 1987 ha fondato a Firenze il Centro Tempo Reale. È stato insignito di numerosi premi internazionali (Premio Siemens; Premio della Fondazione Wolf; «Leone d’Oro» alla carriera dalla Biennale di Venezia; Praemium Imperiale del Giappone) e quattro lauree Honoris Causa (City University di Londra e Università di Siena, Torino e Bologna). Dal 2000 è stato Presidente dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma dove, sotto la sua sovrintendenza, è stato inaugurato nel 2002 il nuovo Auditorium Parco della Musica.