Luigi Nono (I)
15/10/2020
La lontananza nostalgica utopica futura. Madrigale per più ‘caminantes’ con Gidon Kremer per violino e otto tracce su nastro (1988)
Luigi Nono (Venezia 1924-1990) studiò con G.F. Malipiero, B. Maderna e H. Scherchen e tenne seminari ai corsi di Darmstadt fino al 1958. Partecipe del rinnovamento del linguaggio delle avanguardie degli anni Cinquanta, si mosse costantemente nella direzione di una musica che fosse veicolo di un esplicito impegno civile e morale di ispirazione marxista. La musica di Nono si caratterizza essenzialmente per zone di violento scatenamento della materia sonora e per abbandoni a un assorto, terso lirismo. Fra le sue opere si ricordano: Epitaffio per García Lorca per 2 voci, coro e strumenti (1952); Il canto sospeso da lettere dei condannati a morte della Resistenza per soli, coro misto e orchestra (1956); Cori di Didone su testi di G. Ungaretti per coro e percussioni (1958); l’opera Intolleranza 1960 (1961); Canti di vita e d’amore. Sul ponte di Hiroshima per soli, coro e orchestra (1962); Al gran sole carico d’amore, azione scenica (1972-74); Fragmente – Stille, an Diotima, per quartetto d’archi (1979-80); Quando stanno morendo. Diario polacco n. 2 (1982); Risonanze erranti (1986); Hay que caminar soñando, per due violini (1989).
Spinto verso la sperimentazione tecnica, Nono compose opere per nastro magnetico Omaggio a Emilio Vedova, 1960; La fabbrica illuminata, 1964; Per Bastiana – Tay-Yang-Cheng (L’Oriente è rosso), 1967; Contrappunto dialettico della mente, 1967-68; … Sofferte onde serene…, 1974-76; La lontananza nostalgica utopica futura, 1988 e per strumenti elettronici (Con Luigi Dallapiccola, 1979; Caminantes… Ayacucho, 1986-87; Post-praeludium per Donau, 1987). Il più impegnativo fra i suoi ultimi lavori è stata l’opera Prometeo, tragedia dell’ascolto su testo a cura di M. Cacciari (1984): con questa pagina Nono completò il suo allontanamento dalla concezione della musica come impegno sociale; ma le tensioni umane ed esistenziali trovarono nuova dimensione in una poetica dell’ascolto interiore, reso musicalmente da un ordito di sottilissime filigrane sonore distribuite spazialmente in un silenzio fitto di un’infinita varietà di timbri, altezze, dinamiche, durate.