CRUCIFIXUS / SIMONE BENEVENTI / ARS DISCANTICA / CORO DA CAMERA DI VARESE

INNER_SPACES PRIMAVERA 2025 - RADICI E DIRAMAZIONI

Lunedì, 24 Marzo

h.20.30 Auditorium San Fedele

CONCERTO

CORO DA CAMERA DI VARESE

GABRIELE CONTI, direttore

SIMONE BENEVENTI, percussions

ARS DISCANTICA, live electronics

 
(riduzione studenti solo in biglietteria – Via Hoepli 3/B lun-ven 10:00 – 16:00)
 

PROGRAMMA
INTROITUS
Solo di semantron
Simone Beneventi – Ars Discantica

PARS I PREGHIERA PENITENZIALE
– Gregorio Allegri (1582-1652) Miserere (Salmo 50), per doppio coro
– Transitio 1 per campane a lastra, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Arvo Pärt (1935) Triodion, per coro misto
– Passacaglia per campane tubolari, Simone Beneventi – Ars Discantica

PARS II CRUCIFIXUS
– Antonio Lotti (1667-1740) Crucifixus a sei voci
– Risonanza 1 per crotali, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Antonio Lotti Crucifixus a otto voci
– Risonanza 2 per crotali, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Antonio Lotti Crucifixus a dieci voci
– Risonanza 3 per crotali, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Transitio 2 per campanacci, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Arvo Pärt Summa, per coro misto
– Transitio 3 per campanacci, Simone Beneventi – Ars Discantica
– Anton Bruckner (1824-1896) Christus factus est, per coro a cappella

CONCLUSIONE
– Contemplazione notturna, Simone Beneventi – Ars Discantica – Coro da Camera
di Varese
Adoramus te Domine, Cancionero di Montecassino

 

Al cuore della rassegna, lo Speciale Inner_Spaces dal titolo Crucifixus nella Chiesa di San Fedele, con la partecipazione del percussionista Simone Beneventi e del Coro da Camera di Varese, in una sacra rappresentazione sul tema della croce, con opere vocali del repertorio sacro antico e contemporaneo, brani per strumenti liturgici a percussione e transizioni elettroniche che ordiscono la cornice e le transizioni dell’azione rappresentativa.

Il mistero della croce di Cristo è al centro della fede cristiana ed è stato e rimane oggetto di preghiera, contemplazione, adorazione, meditazione dei credenti e anche di sacre rappresentazioni attraverso i diversi linguaggi artistici: dai dipinti alle sculture, dagli inni cantati ai drammi liturgici. La morte in croce di Cristo è un avvenimento storico (fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato morì e fu sepolto) ed evento teologico, mistero che fin dall’origine ha destato incomprensione, stupore, coinvolgimento e attrazione. Le parole più appropriate per tracciare il carattere paradossale della croce sono state scritte da san Paolo: I Giudei chiedono segni miracolosi e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia. (1 Cor 1,22-23).

Inoltre, la croce di Cristo ribalta l’esistenza in conversione e suscita la tenerezza, come viene suggerito dagli episodi del buon ladrone e dell’incontro con la Madre e il discepolo amato, provocando partecipazione emotiva e coinvolgimento degli affetti. Questa dimensione è centrale in tante opere pittoriche e musicali. È il caso dei tre crucifixus di Antonio Lotti (1667-1740), mottetti polifonici a cappella tratti da tre diversi Credo per voci e strumenti.

Le parole che descrivono la crocifissione e la morte di Cristo,tratte dal Credo niceno (Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato passus et sepultus est – fu crocifisso per noi sotto Pontio Pilato, morì e fu sepolto), hanno ispirato alcune pagine straordinarie di compositori nel corso dei secoli. J.S. Bach, nella sua Messa in si minore, raffigura lo smarrimento umano davanti a tale evento con continue linee cromatiche discendenti, le voci precipitano nelle profondità della loro estensione e poi si ammutoliscono fino al silenzio. Nella Missa Solemnis, anche Beethoven conduce la sua musica sempre più verso il basso, barcollando e alla fine fermandosi completamente.

L’approccio di Antonio Lotti, maestro di cappella alla basilica di San Marco a Venezia, nei riguardi della sequenza Crucifixus del Credo, è diverso e unico nel suo genere. Impiega infatti l’elemento drammatico delle dissonanze e dei ritardi di seconda, in una prospettiva di risonanza di attrito, quasi a suggerire l’impatto emotivo del battito del martello sui chiodi e il grido interiore alla visione dolorosa del Figlio di Dio appeso sulla croce, umiliato e schernito. Inoltre sono ampiamente presenti le progressioni armoniche con l’effetto di una forte colorazione affettiva per illuminare lo sguardo contemplativo di chi vuole soffermarsi davanti a tale mistero.

 

 

SVOLGIMENTO DELLA SACRA RAPPRESENTAZIONE

INTRODUZIONE
L’introitus è il portale di accesso alla sacra rappresentazione, vi si entra attraverso un rituale simbolico, con un solo di Semantron, una lastra di legno di acero percossa con due martelli. Si tratta di uno strumento impiegato nella liturgia greco ortodossa per radunare i monaci in preghiera. Il semantron è associato a una dimensione cristologica: il suono del legno evoca sia l’albero del giardino dell’Eden che causò la caduta di Adamo, sia la crocifissione di Gesù Cristo per espiare la disobbedienza del primo Adamo. Le risonanze del Semantron vengono riverberate e spazializzate in quadrifonia per evocare uno spazio che si espande dalla chiesa alla dimensione universale.
Alla fine, dei colpi al gong grave, con risonanze elettroniche, annunciano l’inizio della prima parte.

PARS I PREGHIERA PENITENZIALE
– Miserere, Gregorio Allegri
La prima parte della sacra rappresentazione, successiva all’Introitus, è un percorso di preparazione al tema della croce di Cristo, con due brani penitenziali, Il primo è il celebre Miserere di Gregorio Allegri, composto intorno al 1638 per due cori e destinato all’Ufficio delle Tenebre della Settimana Santa nella Cappella Sistina. Il testo è tutto il Salmo 50, un’accorata domanda di perdono a Dio da parte del re Davide, dopo aver riconosciuto il suo peccato. Una preghiera personale in cui traspare la fiducia nella misericordia divina (pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia), il riconoscimento del peccato con la richiesta di purificazione (riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi, lavami da tutte le mie colpe) e infine il desiderio del rinnovamento interiore (crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo).
La composizione alterna salmodia gregoriana, salmodia polifonica e una sequenza per il coro solista con un motivo cantato dal soprano all’estremo registro acuto.

Una breve transizione, con campioni corali registrati e ridiffusi nello spazio assieme a una sequenza di percussione con le campane a lastra, conduce al secondo brano penitenziale.

– Triodion, Arvo Pärt
Preghiera di supplica tratta della liturgia ortodossa e musicata dal compositore estone Arvo Pärt nel 1998. La forma musicale del brano segue la struttura del testo suddiviso in tre odi, ognuna delle quali comporta una breve introduzione e una coda finale. I tre canti fanno pensare a discorso silenzioso, una preghiera a mezza voce, raramente si osserva qualche crescendo. Ciascuno dei tre canti si conclude con una preghiera litanica, caratterizzata da lunghe pause per sottolineare la dimensione delle parole inserite nel silenzio: 1) Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di noi; 2) Santissima Madre di Dio, salvaci; 3) San Nicola, prega Dio per noi!
Il culmine dell’intera composizione si raggiunge nel terzo canto con le parole “affinché le nostre anime siano salvate”.

– Passacaglia per campane tubolari ed elettronica
Ritorna la percussione e l’elettronica in una composizione che, da un lato, prosegue il Triodion senza le voci, dall’altro, introduce la seconda parte: Crucifixus. In alcuni momenti, l’elettronica si unisce alle campane tubolari in un corale a tre voci dalla movenza espressiva.

PARS II CRUCIFIXUS
– Crucifixus a 6, Antonio Lotti
Dei tre Crucifixus di Lotti si è accennato nel testo introduttivo. La versione a sei voci impiega una polifonia ricca ma contenuta, dove ogni voce ha il suo ruolo preciso senza che nessuna di esse sovrasti le altre. La scrittura vocale è equilibrata e ben strutturata, con una forte attenzione al contrasto dinamico e all’espressione emotiva del testo tratto dal Credo: Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato passus et sepultus est. La musica, pur nella sua relativa semplicità rispetto alle versioni più ampie, sa esprimere la profondità del dolore e del sacrificio.

Antonio Lotti, Crucifixus a 6, a 8, a 10

– Risonanza 1, per crotali ed elettronica
I tre Crucifixus di Lotti sono seguiti da tre rispettive risonanze, con l’obiettivo di rirpendere, come un’eco, alcuni elementi rilevanti delle composizioni vocali. Il passaggio dalla sonorità del coro ai tintinnii acuti dei crotali in metallo crea un cambio di prospettiva di ascolto e di intensità partecipativa. Da un coinvolgimento corporeo, con le voci, a una contemplazione eterea, con i crotali.

– Crucifixus a 8, Antonio Lotti
Nella seconda versione del Crucifixus, le voci sono suddivise in due cori, con il risultato di un impasto sonoro più ricco e maestoso, costruendo contrasti tra le sezioni e introducendo dissonanze che riflettono la sofferenza e il tormento evocati dalle parole del Credo. Si giunge a momenti di intensa drammaticità che culminano in risoluzioni armoniche di forte impatto emotivo.

– Risonanza II, per crotali ed elettronica

– Crucifixus a 10, Antonio Lotti
L’ultima versione del Crucifixus rappresenta l’apice della virtuosità polifonica di Lotti. La scrittura è ancora più complessa, con continui cambiamenti di registri, contrasti tra i due cori e l’introduzione di passaggi in cui le voci si intrecciano in imitazioni. Lotti riesce a trasmettere una sensazione di grande solennità e maestosità, facendo della morte di Cristo un evento universale che coinvolge non solo i credenti ma tutta l’umanità.
Il contrasto tra le tre versioni del “Crucifixus” risiede non solo nel numero delle voci, ma anche nella differente gestione del tempo e della dinamica. Mentre nella versione a sei voci la musica si presenta più sobria e meditativa, nelle versioni a otto e dieci voci il compositore esplora una maggiore varietà di stili, includendo momenti di grande tensione armonica e di lirismo più disteso.

– Risonanza III, per crotali ed elettronica

– Transitio II, per 5 campanacci
Breve solo delle percussioni che anticipa il brano corale Summa di Arvo Pärt, utilizzando l’impianto melodico della parte del soprano che utilizza il modo di Mi.

– Summa, Arvo Pärt
Mentre nei Crucifixus di Lotti il testo si riduce a una sola frase del Credo, in Summa Arvo Pärt ne mette in musica l’intero testo. L’opera per coro a cappella risale al 1978, in essa il compositore estone sviluppa e porta a compimento la sua concezione stilistica più riconoscibile, quella del tintinnabuli. Il termine tintinnabuli (dal latino “campanelli”, da cui “tintinnare”) fa riferimento a un metodo che Pärt concepisce come una fusione tra due voci: una che segue una linea melodica tradizionale e l’altra, invece, si sviluppa attraverso il movimento di accordi statici che riproducono il suono e l’effetto di un tintinnio. Pärt descrive la tecnica come una sorta di “preghiera musicale”.
La forma dell’opera, sebbene possa sembrare lineare e semplice, è in realtà costruita su una profonda tensione tra l’immobilità delle voci e il movimento interno della melodia. A livello armonico, Pärt non segue le convenzioni tonali tradizionali, ma piuttosto costruisce le sue armonie usando intervalli stretti, spesso basati su terze e quinte, che enfatizzano una sensazione di stabilità e pienezza. L’uso della tessitura vocale di Summa riflette una struttura architettonica, in cui le linee melodiche sembrano convergere o divergere in maniera intenzionale, producendo spazi di respiro che conferiscono alla musica un senso di intensità concentrata.


– Transitio III, per 5 campanacci ed elettronica

– Christus factus est, Anton Bruckner
La seconda parte si chiude con un versetto di un inno liturgico tratto dalla lettera ai Filippesi di San Paolo e messo in musica in modo ammirevole da Bruckner. L’inno dona un’ulteriore luce al senso della croce di Cristo. Infatti, il canto presenta in modo inedito l’incarnazione del Figlio di Dio come uno svuotamento: Cristo Gesù, pur essendo in forma divina, svuotò se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini. Nel versetto successivo, quello centrale e musicato da Bruckner, viene stabilito un triplice legame tra questi termini: l’umiliazione di Cristo, la sua piena obbedienza a Dio e la sua morte di croce: Cristo umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.
Il brano musicale comincia con due note di uguale durata sulle rispettive sillabe della prima parola: Christus. È Lui il protagonista di quanto la musica sta per raccontare.
La tonalità di Re Minore e la voce sommessa del coro proiettano sin da subito l’ascoltatore in un’atmosfera carica di pathos e mistero. Una dopo l’altra, partendo da quella più bassa e crescendo di intensità, le voci cantano «obediens», parola-chiave del brano, fino ai Soprani i quali, quasi accettando la sfida lanciata dalle voci più gravi, rispondono con un forte dopo il quale non si può che diminuire. E così accade. I Soprani, seguiti a mo’ di eco dai Tenori, ripropongono per ben tre volte «obediens», scendendo fino a spegnersi con un pianissimo sulle parole «usque ad mortem, mortem autem crucis».
Tutto sembra finito. Cristo è morto, e per giunta condannato al supplizio della croce. Ma il brano non è terminato. Partendo da un piano sulla parola «propter» («per questo»), il coro arriva al fortissimo di «exaltavit», altra parola-chiave. L’amore del Padre non poteva abbandonare il Figlio obbediente; Egli lo risorge dai morti e gli dà «un nome che è sopra ogni altro nome». La teologia diventa musica. La musica si fa suono e silenzio in grado di esprimere il dolore e la segreta speranza di ogni uomo [Michele Carretta]


CONCLUSIONE
– Contemplazione notturna, Simone Beneventi – Ars Discantica – Coro da Camera di Varese
Adoramus te Domine, Cancionero di Montecassino

Gesù nell’orto degli ulivi.
Il Coro si ritira nell’abside. Nel presbiterio rimane la croce lignea illuminata. Inizia un solo di percussioni con strumenti in legno e un rullante, suonati con sordina e leggermente amplificati, evocazione degli strumenti della Passione.
Il Coro nell’abside intona un versetto dell’Adoramus te Domine a 4 voci del Manoscritto di Montecassino (S 250), mentre il percussionista improvvisa per alcuni minuti. Dopo una pausa intona il secondo e infine il terzo versetto dell’inno.
La sacra rappresentazione si conclude con le ultime sonorità della percussione